La 20enne cintura verde della Polisportiva Preganziol sogna in grande e progetta una carriera nella kickboxing che possa relagare podi a livello mondiale.

Come ti sei avvicinata alla kickboxing e cosa ti ha appassionata all’inizio?

Mi sono avvicinata alla kickboxing grazie al maestro Antonio Pellizzato che ringrazio tuttora di sopportarmi dopo quasi 4 anni e che riesce ancora a tirare fuori il meglio di me proprio quando meno me lo aspetto.

Prima di intraprendere questa strada sportiva, Antonio era semplicemente il padre di un mio amico, che continuava ad assillarmi con uno sport di cui nemmeno conoscevo l’esistenza, e ora fortunatamente sono qui, con una nuova bellissima famiglia. Mi ha affascinata fin da subito la kickboxing, non solo per quanto riguarda una prospettiva puramente utilitaristica (si parla quindi di autodifesa, molto utile per qualsiasi evenienza), ma anche per la combinazione di forza e leggerezza che si utilizza nel portare queste tecniche sia a vuoto che in combattimento. E quando finalmente riesci a sentire che certi movimenti così eleganti ti appartengono, non ne puoi più fare a meno.

Raccontaci la tua carriera nella kickboxing.

Nella mia carriera da kickboxer ho potuto gioire di molte vittorie, soprattutto durante il periodo in cui combattevo contro le cinture colorate, ottenute ad esempio al “Golden Glove”, ma ho fatto i conti anche con molte sconfitte, principalmente contro le cinture più alte, dovute più che altro a muri mentali che mi sono creata. Confido nell’esperienza, nella buona volontà, nel duro lavoro, ma soprattutto nella grande pazienza dei miei insegnanti. Per arrivare a grandi risultati bisogna passare spesso attraverso delle sconfitte. 

Da atleta, quali sono i tuoi punti di forza e quali i punti deboli sui quali lavorare? 

Da atleta, un grande punto debole direi che potrebbe essere la mia convinzione di non essere abbastanza brava, la quale mi porta soprattutto in competizione a credere di aver perso in partenza e a non dare il meglio di me. Probabilmente ciò è dovuto anche all’ansia da prestazione e a quella di voler soddisfare le aspettative dei maestri. Ma un punto a mio favore è il fatto che non mollo mai, non demordo e continuo imperterrita aumentando il numero di allenamenti e, cercando di cambiare mentalità, mi impegno a migliorare me stessa e le tecniche di combattimento.

Quali sono i tuoi obiettivi personali e come trascorri le giornate al di fuori dell’ambiente sportivo? 

Le mie giornate al di fuori della kickboxing per ora sono impegnate in alcune attività lavorative, grazie alle quali da settembre potrò autonomamente cimentarmi nel mondo universitario e quindi sostenermi economicamente. Per quanto riguarda i miei obiettivi personali, riguardo alla mia vita al di fuori dello sport mi piacerebbe poter vivere del lavoro dei miei sogni da infante, il quale non nominerò per pura scaramanzia. Mentre, per quanto concerne la kickboxing, mi piacerebbe un giorno potermi confrontare nei diversi rami di questo sport, quali light, kick light, full contact, e perché no, si spera anche di poter arrivare a dei livelli importanti, conseguire delle vittorie a titolo mondiale e non solo. 

La vittoria più bella della tua vita?

La vittoria più bella della mia vita… oddio, non fu proprio una vittoria! Arrivai al secondo posto, ma fu la prima gara che feci. Mi confrontai con una cintura molto più alta di me, una verde (io ero ancora bianca all’epoca), e persi per un solo punto, al golden point, quindi dopo tre minuti di pareggio. Ripeto, non fu una vittoria assoluta, ma per me fu una conquista personale, la conquista della consapevolezza che forse, dopo tutti i miei sforzi, qualcosa di buono lo potevo fare.

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