Di Marco Degan, allenatore giovanile kickboxing.
Il problema, negli ambienti sportivi, è arcinoto e ampiamente studiato: nell’età adolescenziale si verifica un significativo abbandono della pratica sportiva, con percentuali particolarmente alte nel passaggio dalle scuole medie alle scuole superiori. I numeri sono impietosi: tra gli 11 e i 13 anni circa il 70% dei ragazzi si dedica a qualche tipo di attività, ma subito dopo il 30-40% di loro smette.
Nel nostro piccolo confermiamo questa pessima tendenza: molti ragazzi che hanno frequentato proficuamente il nostro corso e che sarebbero pronti a passare al livello successivo, magari togliendosi qualche soddisfazione nelle competizioni, decidono di smettere o di dedicarsi ad altro per i motivi più disparati.
L’ipotesi migliore è che, non divertendosi più o per la naturale curiosità legata all’età, abbiano deciso di provare altre discipline: l’abbandono però nella maggior parte dei casi risulta totale.
La prima motivazione è legata allo studio: spesso l’idea è che si vadano a togliere tempo e risorse alle “cose importanti” e che lo spostamento degli allenamenti in fascia serale vada in contrasto con i nuovi impegni, nonostante sia oramai accertato che sport e scuola non sono affatto incompatibili.
Nella kickboxing poi, in particolare, sembra che l’idea di avvicinarsi alle competizioni o anche solo di cominciare una regolare attività di sparring in palestra sia un freno per una buona percentuale dei ragazzi.
Inutile dire che consideriamo la continuità da parte dei nostri atleti fondamentale per il buon andamento del settore e per poter ambire a buoni risultati: molto più importante però è fare in modo che gli adolescenti riescano a beneficiare dello sport per quanto riguarda la salute psicofisica, la socializzazione e la crescita personale.
Tutte queste considerazioni hanno portato noi allenatori a definire come obiettivo primario della stagione, per l’appunto, la continuità: una sfida non da poco che cercheremo di affrontare al meglio delle nostre possibilità.